Approfondimenti

Pandemia e criticità nel mondo del lavoro – Il contributo della Psicologia del Lavoro

Pandemia e criticità nel mondo del lavoro – Il contributo della Psicologia del Lavoro

Articoli e libri specialistici ci hanno accompagnati nell’ultimo biennio 2022-2023, dopo il terrore mediatico seguito alla esplosione della pandemia.

Pneumologi, virologi e psicologi, ognuno ha affrontato il fenomeno attraverso l’esperienza clinica maturata dal 2020 nei diversi ambiti lavorativi e clinici a contatto con le persone ed i drammi personali e familiari accaduti e non sempre superati.

Più passa il tempo e più scopriamo gli effetti inattesi a lungo termine del nuovo Coronavirus, ricadute che riguardano la salute fisica e psicologica delle singole persone, ma anche il benessere della collettività in generale; l’espressione “nulla sarà più come prima” sembra giungere come un oracolo.

Nella mia pratica clinica e lavorativa nelle Aziende ho potuto accertare un’esplosione di disturbi d’ansia, problemi del sonno e dell’alimentazione, soprattutto nelle persone che avevano già delle fragilità, ma anche la tenuta delle fasce d’età più mature, sopra i 40 anni, che hanno mostrato una capacità di problem solving (soluzione di problemi) usata come coping (capacità di affrontare) da familiari e colleghi.

Le criticità già presenti in molti contesti lavorativi e, più in generale nel mercato del lavoro, sono state slatentizzate dalla pandemia, obbligando gli Imprenditori ad una più attenta analisi, ricerca ed elaborazione di strategie d’intervento delle singole realtà lavorative.

Se analizziamo la situazione del mondo del lavoro pre-pandemia osserveremo già delle difficoltà e delle esigenze di cambiamento che potremmo riassumere:

  • il massiccio utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
  • crescente automatizzazione e digitalizzazione della produzione;
  • globalizzazione dell’economia con il suo persistente predominio nella definizione dei criteri di base delle politiche sociali e del lavoro;
  • l’utilizzo di modalità di organizzazione e razionalizzazione del lavoro focalizzate più sulla riduzione dei costi che sulle innovazioni e, soprattutto, sulle esigenze delle persone;
  • la struttura sempre più mutevole della forza lavoro connessa con il cambiamento demografico, l’emigrazione, le differenze generazionali, socio-culturali, etniche e religiose;
  • la diffusa “flessibilità forzata” tipica di forme contrattuali temporanee e precarie;
  • le persistenti incertezze e differenze di reddito che aumentano le disuguaglianze di opportunità nella progettazione del futuro personale;
  • la crescita della disoccupazione strutturale e di forme di occupazioni alternate ad occupazioni a “breve termine”, con conseguenti minori probabilità di poter costruire lineari e soddisfacenti percorsi di carriera;
  • il massiccio utilizzo di modalità virtuali di lavoro e spostamento di lavori in luoghi meno identitari rispetto al passato (telelavoro);
  • la persistente distanza tra iter formativi ed esigenze del mondo del lavoro;
  • la crescente domanda di nuove competenze, laddove, a quelle cognitive, si aggiunge l’insistente richiesta di competenze emotive e relazionali per adattarsi al rapido cambiamento organizzativo;
  • le trasformazioni del significato e del valore del lavoro tra le persone, oggi sempre più spesso relativizzato rispetto ai bisogni ed ai progetti di vita individuale;
  • le crescenti difficoltà di impegno (engagement) dei lavoratori in quei contesti organizzativi che non riescono a coniugare produttività, sicurezza e benessere per le persone.

 

Le conseguenze ed i risvolti soggettivi, sia cognitivi che emotivi, di quanto evidenziato nel precedente elenco uniti alla situazione pandemica hanno influenzato in profondità le condizioni di vita delle persone attivando sia acute che multiformi reazioni di disagio psicosociale sia forti preoccupazioni per il timore di non poter realizzare i propri progetti personali, sociali e lavorativi. In molti casi, la paura è quella di non poter mantenere recuperare i livelli consueti di sussistenza economica, di sicurezza lavorativa (e di rispetto della sicurezza) di adeguato riconoscimento delle proprie competenze e, non ultima, di soddisfacente interazione sociale nei luoghi di lavoro.

Per poter affrontare la complessità di questo scenario occorre focalizzare l’attenzione sui bisogni di persone ed organizzazioni lavorative resi salienti dal modo con cui le criticità riportate sono gestite.

Potrei dire che siamo di fronte ad una “nuova normalità” di cui stabilire i tratti distintivi e i confini e valutare i costi in ordine psicologico ed economico dovuti al cambiamento ed alla necessità di adattarsi.

La possibilità di padroneggiare questi cambiamenti e non solo di subirli è connessa anche alla disponibilità di “servizi di supporto e di strumenti” per riattivare nelle persone un impegno progettuale e per sostenerle nel loro sforzo di autogestire costruttivamente le difficoltà del cambiamento tramite:

  • adeguata disponibilità di informazione e soprattutto di “rassicurazione”;
  • una maggiore attenzione all’organizzazione di iniziative di supporto psicosociale;
  • l’implementazione di progetti favorenti la mobilitazione, il rinforzo della proattività e il riorientamento;
  • una formazione personalizzata;
  • un accompagnamento alla traduzione operativa delle decisioni;
  • una “spinta gentile” alla riprogettazione dei percorsi di vita e professionali.

Dare riconoscimento ai  bisogni di ogni attore del tessuto lavorativo passa attraverso l’organizzazione di spazi di osservazione e di ascolto, l’elaborazione di strategie d’intervento volte al miglioramento delle condizioni lavorative sia in termine di soddisfazione individuale che di gratificazione economica e sociale.

Barbara De Matteo

Stress Lavoro Correlato – Il contributo dello psicologo

Stress Lavoro Correlato – Il contributo dello psicologo

Per la Costituzione italiana (artt. 32, 35 e 41) la salute è un diritto fondamentale dell’individuo nonché dell’intera collettività; un ulteriore riferimento fondamentale è costituito dall’art. 2087 del Codice Civile che recita: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

Un notevole impulso ad una normativa organica in tema di sicurezza e salute sul lavoro è stata impresso dalla direttiva europea 89/391 CEE recepita prima dal D.Lgs 626/94 e successivamente dal D.Lgs. 81/08 attualmente in vigore.

Per rimediare ad una certa negligenza del passato, il legislatore, in quest’ultimo decreto, oltre a ribadire l’obbligo di valutare e prevenire tutti i rischi, ha voluto menzionare espressamente i rischi collegabili allo stress lavoro-correlato.

Lo psicologo può entrare a far parte del Servizio Prevenzione e Protezione (SPP) o può collaborare come esperto esterno dell’azienda  o del SPP.

L’intervento dello psicologo può essere opportuno o necessario a seconda della complessità della situazione e può essere richiesta dal datore di lavoro (DL) ed applicarsi:

  • direttamente nella valutazione del rischio stress lavoro-correlato, in collaborazione con le figure designate alla valutazione stessa (RSPP, addetti SPP, MC ed altri);
  • nella formazione dei valutatori che utilizzino metodologie e strumenti semplici;
  • alla progettazione e gestione degli interventi correttivi a seguito dei risultati della “valutazione preliminare” obbligatoria;
  • maggiormente necessario è invece l’intervento dello psicologo quando a fronte del monitoraggio degli interventi correttivi si richiede, in base al metodo utilizzato, la “valutazione approfondita” sulle famiglie di fattori previste dal documento della Commissione consultiva. In questo caso si tratta di valutare la percezione soggettiva dei lavoratori attraverso questionari, interviste semi strutturate e focus group.
  • In base alle specifiche competenze in ambito diagnostico, lo psicologo può valutare per il rischio S.L.C. i casi di singoli lavoratori che ne facciano richiesta, al Medico competente (MC), nell’ambito della sorveglianza sanitaria;
  • Lo psicologo può contribuire alle attività di formazione ed informazione  ai lavoratori in materia di SLC previste dagli artt. 36 e 37 del D.Lgs. 81/08.

Barbara De Matteo

FSE – Fire Safety Engineering

FSE ovvero Fire Safety Engineering

Perché scrivere un articolo su una metodologia che ha coinvolto specialisti antincendio, fisici e chimici oltre a programmatori esperti dal fine seconda guerra mondiale?

L’ingegneria antincendio nasce da un grande sforzo di ricerca su chiave internazionale, sviluppato dall’ISO nell’ambito del Comitato Tecnico 92 – sottocomitato 4, all’interno del quale sono stati particolarmente attivi ricercatori USA, Regno Unito, Svezia e Giappone.

L’Unione Europea ha previsto la possibilità di utilizzare metodi paralleli ed alternativi alla consueta normazione prescrittiva e deterministica usualmente utilizzata anche in Italia. Questi metodi, che il Documento interpretativo n. 2 della Direttiva prodotti da costruzione – Sicurezza in caso di incendio ha definito ingegneristici, sono in grado di risolvere la progettazione della sicurezza antincendio in modo più mirato alle esigenze degli utenti.

Gli obiettivi dell’ingegneria antincendio permettono di effettuare una valutazione concreta del livello di sicurezza presente e più precisamente sono:

  1. Progettare, senza vincoli restrittivi, edifici di particolare rilevanza storica ed architettonica;
  2. Combattere gli sprechi di materiale e denaro;
  3. Valutare i piani di emergenza attraverso una realistica proiezione dell’andamento di propagazione delle fiamme e dei fumi;
  4. Analizzare le cause dell’incendio attraverso la ricostruzione delle fasi di innesco, combustione e propagazione;
  5. Tutelare l’ambiente.

Sicuramente oggi possiamo contare su un metodo chiaro che permette un notevole risparmio economico sull’adeguamento delle strutture industriali e che favorisce una diminuzione dei rischi in caso d’incendio.

Alcuni aspetti di questo metodo sono già oggetto di valutazione da parte dei Vigili del Fuoco e comprendono la certificazione di strutture metalliche portanti di vario genere: soppalchi, rack di impianti, scaffali di magazzini, ecc..

Durante i sopralluoghi per pratiche antincendio non sempre si ha a disposizione il progetto strutturale delle medesime, ma ove comunque ci fosse, la resistenza alla sollecitazione termica dell’incendio va prevista e calcolata al fine di garantire un grado minimo di stabilità delle strutture per almeno 30 minuti o più.

Lo Studio di Consulenza segue, dalla sua costituzione, i Clienti nelle pratiche antincendio e, negli ultimi anni, si è specializzato nell’utilizzo di questo metodo in progetti di attività che presentano situazioni particolari, per esempio garanzia della prosecuzione dell’attività in caso d’incendio, protezione di un particolare bene.

Ma adesso vediamo meglio che cosa è la FSE e come si utilizza.

La Fire Safety Engineering è una strategia di prevenzione incendi che si basa sulla previsione della dinamica di un incendio mediante l’applicazione di appositi modelli di calcolo, basati sulle leggi della fisica e della chimica, che regolano il fenomeno in esame.

Un aspetto importante dell’approccio ingegneristico consiste nella scelta e nell’impiego del modello di calcolo più opportuno con cui prevedere la sequenza temporale delle varie fasi in cui si evolverà l’incendio ipotizzato, considerate le diverse contromisure previste di tipo attivo e passivo.

Obiettivo della FSE è dunque quello di fornire precise valutazioni quantitative, che permettano di valutare l’efficacia delle misure antincendio adottate e della gestione programmata dell’emergenza.

In particolare, attraverso uno specifico software, si andrà ad analizzare e si verificheranno:

– i tempi di esodo e l’adeguatezza dei piani di evacuazione mediante la determinazione della concentrazione di gas tossici prodotti dalla combustione e dell’altezza dei fumi;

– le resistenze al fuoco degli elementi portanti (metallici o in c.a.) eseguita mediante analisi strutturale agli elementi finiti secondo curve nominali e/o naturali;

– la determinazione della curva naturale d’incendio specifica (tipologia d’incendio ed analisi della temperatura nel tempo).

Il vantaggio più evidente del metodo in questione risiede nel fatto che, a differenza dell’approccio ordinario, è possibile dimostrare che il mancato rispetto del vincolo normativo non comporta un reale aggravio del rischio, ovvero che la misura proposta risulta sufficiente a garantire la sicurezza degli occupanti della struttura, ovvero dei soccorritori.

L’approccio ingegneristico risulta particolarmente efficace per affrontare problematiche di strutture, esistenti o nuove, che abbiano resistenza al fuoco molto bassa, consentendone l’utilizzo senza la necessità di trattamenti intumescenti o placcature sulle strutture.

In buona sostanza stiamo parlando di interventi sulle strutture che arriverebbero generalmente a costare alla proprietà da 20 a 50 volte il costo di un’analisi con FSE.

Il processo di valutazione e progettazione nell’ambito dell’approccio FSE alla sicurezza antincendio si articola secondo le previsioni dell’allegato tecnico del D.M. del 9 maggio 2007.

In particolare l’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio comporta:

una fase in cui vengono formalizzati i passaggi che conducono ad individuare le condizioni più rappresentative del rischio al quale l’attività è esposta ed i livelli di prestazione cui riferirsi in relazione agli obiettivi di sicurezza da perseguire;

una fase nella quale si verifica che i tempi di evacuazione e messa in sicurezza del personale siano compatibili con gli obiettivi di tempi di resistenza al collasso individuati per le strutture portanti;

una fase in cui si passa al calcolo e cioè all’analisi quantitativa degli effetti dell’incendio in relazione agli obiettivi assunti, confrontando i risultati ottenuti con i livelli di prestazione già individuati;

-infine redazione di relazione esplicativa con dimostrazione di tempi e  dinamica di collassamento attesi delle strutture portanti, da sottoporre a definitiva approvazione da parte dei VV.F.

In conclusione, la progettazione antincendio basata sull’approccio ingegneristico richiede di:

fissare gli obiettivi da raggiungere in termini di: sicurezza per le persone presenti nell’attività, prestazione dell’opera, preservazione dei beni, sicurezza per le squadre d’emergenza, ecc.;

associare agli obiettivi i livelli di prestazione, come ad esempio tempi massimi per lo sfollamento, resistenza delle strutture portanti in minuti, livelli di temperatura massimi, concentrazioni di sostanze tossiche, visibilità minima ecc.;

definire gli scenari d’incendio, che rappresentino le condizioni accidentali più significative;

condividere quanto descritto in precedenza con le autorità competenti e con la committenza;

elaborare delle soluzioni progettuali che consentano il raggiungimento dei livelli di presta-zione prefissati;

verificare l’efficienza delle soluzioni sviluppate con l’ausilio di modelli matematici, che consentano di valutare, in funzione dello scenario d’incendio, i livelli di prestazione;

raffrontare i risultati ottenuti con i livelli di prestazione preimpostati;

valutare l’assenza di effetti domino o secondari sulle strutture portanti che non devono collassare.

 

Attila Bellazzi

 

Alcol, droghe ed alimentazione

Alcol, droghe ed alimentazione

(Aggiornamento lavoratori 4-6 ore ai sensi del D.Lgs 81/08)

Questo corso ha come obiettivo l’informazione e l’approfondimento delle motivazioni e dei comportamenti che sostengono le abitudini legate all’utilizzo di alcol, droghe, includendo le abitudini alimentari.

Attraverso la conoscenza delle varie sostanze, qualitativa e quantitativa, dell’azione psicofisica successiva alla loro assunzione o alle conseguenze a lungo termine, sarà possibile comprenderne l’influenza sulle nostre vite e nello svolgimento delle nostre attività lavorative.

Rifletteremo sulle implicazioni che l’abuso dell’alcol e delle droghe potrebbe avere negli ambienti di lavoro, dove le condizioni psicofisiche del lavoratore sono un presupposto fondamentale per garantire la propria sicurezza e quella dei colleghi (Art. 20 comma 1 del D.Lgs. 81/08 “Obblighi dei lavoratori”).

Al termine del corso saranno distribuiti alcuni strumenti di valutazione dell’apprendimento:

  1. Prova di calcolo del tasso alcolemico;
  2. Scheda sulla piramide alimentare;
  3. Questionario di 10 items con risposta multipla (Verifica di apprendimento).

 

L’inserimento di questo corso nella progettazione dei corsi di formazione annuali permette al Datore di Lavoro l’acquisizione di un punteggio pari a 40 punti per la riduzione del premio INAIL.

 

Se interessati potrete contattare i seguenti Responsabili agli indirizzi mail:

-Barbaglia Savio – ufficiotecnico@studiodiconsulenzasrl.com

-Tullio Elisabetta –  formazione@studiodiconsulenzasrl.com

 

 

FORMAZIONE E FONDI INTERPROFESSIONALI

Negli ultimi anni il mondo del lavoro ha sperimentato un processo di cambiamento enorme, tutti i settori produttivi hanno subito spinte e trasformazioni, progressive e costanti, verso la modernizzazione.
Questa evoluzione così rapida, ha creato molte figure lavorative nuove, ma allo stesso tempo ha richiesto che le aziende formino, o aggiornino, i loro dipendenti sulle più disparate tematiche, obbligatorie e non, tra le quali: lingue, sicurezza sui luoghi di lavoro, nuovi gestionali e programmi, sistemi di gestione aziendale e moltissime altre.
Attraverso il Fondo Interprofessionale Fondimpresa si possono finanziare tutti questi corsi di formazione continua dei lavoratori dipendenti.
Ma come funzionano i Fondi Interprofessionali?
I Fondi Interprofessionali sono associazioni promosse dalle principali Organizzazioni Datoriali e Sindacali, come Confindustria, CGIL, CISL e UIL. La Legge istitutiva 388/2000 stabilisce che siano alimentati dal versamento dello 0,30% delle retribuzioni soggette all’obbligo contributivo INPS, quale “assicurazione contro la disoccupazione involontaria”.
Le aziende italiane possono aderire senza costi aggiuntivi a uno dei Fondi attivi, successivamente, in qualsiasi momento, potranno rinunciare all’adesione e/o cambiare Fondo, trasferendo, a determinate condizioni, le somme accantonate e non spese nel Fondo di provenienza.
I tre aspetti fondamentali che caratterizzano l’utilizzo di questi fondi e ne esaltano l’utilità sono i seguenti:
“favoriscono l’accesso alla formazione, riducendo, o azzerando i costi aziendali;
” sostengono la qualificazione delle competenze dei lavoratori;
” promuovono la crescita e la competitività delle imprese.
Scegliendo di aderire a Fondimpresa, ogni azienda dispone direttamente del 70% dei contributi versati, a specifica richiesta dell’80%, tramite il Conto Formazione.
Noi di Studio di Consulenza Srl abbiamo ultradecennale esperienza nella progettazione e gestione dei piani Formativi Fondimpresa e della Formazione in generale, e, nel 2019 abbiamo affidato alla Training & Marketing Srl, nostra controllata, la gestione intera di questo ramo d’azienda. Offriamo l’assistenza completa per accedere e fruire dei contributi a disposizione dell’azienda Cliente: dalla presentazione del progetto formativo, alla richiesta di consenso alle parti sociali, al coordinamento didattico ed organizzativo degli interventi formativi, compresi il tutoraggio e monitoraggio del piano, infine, l’amministrazione burocratica e la richiesta di rendicontazione-rimborso dei piani formativi erogati.
Offriamo anche supporto ed assistenza alle aziende che vogliano revocare la propria adesione ad altro Fondo ed optare per una nuova adesione a Fondimpresa.

Fondimpresa, come tutti i Fondi Interprofessionali, non eroga corsi di formazione, ma finanzia la formazione dei lavoratori presso le imprese aderenti.

Tutte queste aziende possono utilizzare i finanziamenti per la formazione attraverso tre canali:

1. Conto Formazione: il conto individuale di ciascuna azienda aderente, comprende le risorse che vengono accantonate nel “conto formazione”. Queste sono a disposizione dell’azienda, nei tempi e con le modalità che ritiene più opportuni, possono contribuire alla realizzazione del proprio piano formativo aziendale.
2. Avviso con Contributo Aggiuntivo: strumento pensato per dare alle piccole e medie imprese maggiori possibilità di utilizzare il proprio Conto Formazione. Infatti, partecipando a questi Avvisi, le aziende possono avvalersi di risorse integrative per realizzare il proprio piano formativo.
3. Conto di Sistema: conto collettivo pensato per sostenere la formazione nelle aziende aderenti, in particolare in quelle di piccole dimensioni. Viene utilizzato per finanziare, mediante la pubblicazione di Avvisi, progetti che raggruppano più imprese in base a fabbisogni formativi comuni per territorio o settore.

In un’ottica di progresso tecnologico e globalizzazione, ma anche di risparmio di risorse economiche, l’utilizzo di queste risorse che ogni azienda versa obbligatoriamente a livello Nazionale, risulta essere un’opzione vantaggiosa e costruttiva per tutte le imprese sul nostro territorio, pertanto perché non approfittarne?!

Elisabetta Tullio